Mercoledì 24 luglio alle ore 21.00 sarà il regista ANDREA SOLDANI con il suo doc LA BUSSOLA – IL COLLEZIONISTA DI STELLE il terzo ospite di PROTAGONISTI IN ARENA, la serie di appuntamenti di Roccacinema 2024 che dà la possibilità al pubblico di incontrare dal vivo chi il cinema lo fa e poter porgere direttamente agli autori domande sull’opera appena vista. Conduce l’incontro con Soldani la prof LUCIA ANNUNZIATA.
Il regista
Andrea Soldani, regista e autore, umbro d’adozione (vive a Spina nel comune di Marsciano) esperto di comunicazione cross-media. Direttore artistico di Festival di Teatro di strada negli anni ’80, firma nel ‘89 il suo primo documentario “Tuttotondo”, girato a Pisa insieme all’artista americano Keith Haring. Nei primi anni ‘90 realizza “La Signora delle Alpi” e “Cuneo provincia granda” per la Fascino di Maurizio Costanzo, con il quale inizia la sua carriera televisiva come regista e autore. Firma programmi di approfondimento e informazione con Gad Lerner, Michele Santoro, Andrea Purgatori, Davide Sassoli e altri importanti giornalisti e conduttori italiani. Nel 2016 firma la sua ultima regia televisiva con Beppe Severgnini per dedicarsi negli anni successivi alla comunicazione d’impresa nel settore delle piattaforme digitali. Dal 2019 è Direttore Artistico di Gecko Fest, festival multidisciplinare dedicato ai grandi cambiamenti del nostro tempo che si svolge in Umbria. Nel 2023 con La Bussola – Il collezionista di Stelle torna a firmare un documentario come regista e come autore.
Il film
Simbolo dell’euforia e della rinascita economica postbellica italiana, La Bussola di Sergio Bernardini, a Focette, frazione di Marina di Pietrasanta, nel cuore della Versilia, ha avuto il primato di ospitare tantissime star nazionali e straniere e cambiato il gusto di diverse generazioni di frequentatori. Trent’anni dopo la morte del suo fondatore, scomparso nel 1993 in un incidente automobilistico, familiari, amici e collaboratori dell’impresario ne ricordano l’impresa ineguagliata.
Nato nel 1925 a Parigi da emigrati italiani con il nome di Antonio e dopo alcuni anni torinesi trasferitosi in Versilia, Bernardini rilevò e rilanciò la Bussola dopo aver gestito altri locali da ballo in zona, come la Capannina del Marco Polo (al cinema poi rappresentata da Sapore di mare di Carlo Vanzina).
Inaugurandola con Renato Carosone nel 1955, Bernardini ingaggiò un elenco impressionante di artisti celebri, portando in Italia la crème della musica internazionale: Duke Ellington, Ray Charles, Louis Armstrong, Ella Fitzgerald, Aretha Franklin, Nina Simone, Chet Baker. Persino Marlene Dietrich, tra i tantissimi. E ovviamente anche uno sterminato numero di musicisti e attori nazionali, in una lunga stagione che partì coi cantanti melodici e le loro orchestre, secondo una gestione leggendaria e spensierata in cui la serata era pensata come una successione di più momenti, dal ristorante al numero di cabaret e infine alla pista da ballo.
Stagione che proseguì con gli urlatori, i gruppi beat, i cantautori, la disco music e altre arti performative come la danza. Anche se, complice l’ultimo concerto tenuto nel 1978 proprio al Bussoladomani (primo teatro tenda italiano da circa settemila posti, evoluzione del club originario) il nome di Bernardini è stato legato a doppio filo a un’artista che della Bussola era stata prima di tutto frequentatrice (come pure Fabrizio De Andrè): Baby Gate, in seguito conosciuta come Mina.
La Bussola, insomma, è stato il posto dove per molto tempo ogni artista avrebbe fatto carte false per esibirsi. Lì nel 1961 Gino Paoli fu avvicinato da una giovanissima fan (Stefania Sandrelli) e tre anni dopo, in La congiuntura, Ettore Scola ambientava l’ingresso di Vittorio Gassman in una serata affollatissima, e anche il secondo palco (il Bussolotto, al piano superiore, dedicato al jazz). Gli aneddoti non mancano; malgrado i troppo rapidi flash di alcuni concerti passati alla storia.
Nato da un’idea di Mario Bernardini e Andrea Soldani – rispettivamente uno dei due figli dell’impresario e l’autore della regia televisiva del primo premio a lui dedicato – il documentario si stabilizza fin dai primi minuti su un tono celebrativo, appoggiandosi a un coro di svelti estratti di interviste, in una frammentazione estrema, una raffica di dichiarazioni enfatiche.
Intanto repertori in pellicola della società italiana restituiscono lo spirito dei decenni in cui la Bussola fu attiva, in una sintesi storica altrettanto epidermica. Dagli anni della ricostruzione alla contestazione sessantottesca, quasi mai andando in profondità per sollevarsi dall’aneddotica. In fase di scrittura (di Bernardini e Soldani con Giuseppe Scarpa e Simone De Rita) viene poi creata la figura di una giovane, contemporanea deejay anonima (Carolina Paolozza) che interrompe di tanto in tanto il flusso dei ricordi e che da un mixer notturno ha solo toni di esaltazione per la leggendaria intraprendenza del “cacciatore di stelle”.
Lungo questa rievocazione emozionata, senza guizzi e troppo ravvicinata al proprio oggetto per essere avvincente, tra namedropping e testimoni speciali (dall’altro figlio Guido Bernardini, all’habitué Massimo Moratti, fino al nipote Paolo Maldini e alcuni membri originari dello staff del locale) spuntano alcune vere rarità: un giovane Mario Lavezzi che suona il sitar, una registrazione del live di De André con un testo molto più esplicito della “Canzone di Marinella”, un biglietto privato di Mina a Bernardini sulla sua decisione di ritirarsi, un omaggio dedicato da Renato Zero al proprio pigmalione.
E brilla, ovviamente, un catalogo di fotografie, programmi di sala e locandine originali, oggi cimeli per collezionisti. La volontà di ricordo e di tributo resta appunto bidimensionale, inerte, come nell’immagine-cornice del grande tavolo ricoperto di locandine e palinsesti e circondato da riflettori.