Un appartamento, sette persone e mille segreti con altrettante bugie: il tutto nell’arco di una serata. È quanto accade a casa di Janet e Bill, pronti a ricevere gli amici più stretti per un party celebrativo: la donna è stata nominata ministro-ombra della salute per i laburisti. Mentre la moglie sembra pregustare la vittoria maneggiando tra i fornelli, il marito appare preoccupato e distratto. È sufficiente una sua confessione a scatenare fra gli ospiti un dirompente effetto domino.
La ricchezza linguistica di The Party inizia già dal titolo, squisito doppio senso in lingua inglese che l’italiano deve scindere fra “partito” e “festa”. Il primo significato è il motivo per l’esistenza del secondo, quale celebrazione di una vittoria ottenuta senza scadere nei compromessi.
Janet, infatti, ci appare subito come un’idealista, un’anima incapace di mentire. Il marito, invece, è un intellettuale, un equilibrista della parola, ma per la carriera di lei ha rinunciato alla propria. La conquista di una carica ministeriale merita la condivisione con l’intima amica April, una cinica americana, e col di lei compagno Gottfried, un naturopata tedesco. Ma anche con la coppia lesbica formata dalla vet-femminista Martha e la sua giovane compagna incinta Jinny, per finire con manager finanziario Tom e sua moglie Marianne, che tuttavia si annuncia in ritardo.
Sally Potter, generosa a specchiare l’alter ego in ciascuno dei propri personaggi, non fa eccezione per questa nuova fatica cinematografica, setacciando fra i “magnifici 7” pregi e virtù di una personalità profondamente complessa. A differenza di parecchi suoi film, The Party è una commedia, che vibra di arguzia e cinismo come da miglior manuale di humor britannico.
Costruita su unità spazio-temporale e in tempo reale, si avvicina con evidenza ai canoni teatrali basandosi su un uso magistrale della parola. Non lontano da stile e tematiche di Harold Pinter, in realtà porta sullo schermo un testo completamente frutto del talento della Potter, che ha intessuto una raffinatissima sceneggiatura dove ogni elemento è “segno” funzionale al tutto, dunque essenziale ed indispensabile.
Esplosiva e seducente, la materia riflette criticamente sulla stringente attualità socio-politico-culturale del Regno Unito ampliando tuttavia gli orizzonti a una denuncia valoriale generalizzata dell’Occidente tutto. A tale scopo servono i contrasti attivati fra alcuni personaggi opposti come il “guru” Gottfried di aspirazioni orientali contro il materialista Tom di ovvia adesione al dio denaro. Illuminati da una fotografia in b/n che strizza l’occhio al vintage-evergreen, i personaggi beneficano di interpreti eccellenti, capaci di alternare tensioni ed esplosioni nella spasmodica attesa di colei (Marianne) che si attesterà come la causa del Caos, il Godot secondo Sally Potter.