Castiglione Cinema – RdC Incontra
Rassegna Cinema Indipendente
In sala il regista ANTONIO PIAZZA
Introduce il blogger GIUSEPPE ARMELLINI (Il buio in sala)
Luna, una ragazzina siciliana con la passione per il disegno, frequenta un compagno di classe, Giuseppe, contro il volere dei suoi genitori, soprattutto della rigida madre che viene dalla Svizzera, perché il padre di lui è coinvolto con la malavita. Giuseppe porta lo stesso nome di Giuseppe Di Matteo e come lui scompare misteriosamente, al termine di un pomeriggio passato insieme a Luna. Lei non si dà pace, entrando in conflitto sia con la famiglia, sia con i compagni di classe e nel crescendo drammatico del film anche con la migliore amica. La certezza che Giuseppe si possa salvare le viene dai suoi strani sogni e da un terribile evento, in cui quasi annega in un lago e le sembra di ritrovare il ragazzo in una sorta di antro subacqueo. La realtà però è assai meno magica e molto più terribile.
Anche nell’opera seconda, Fabio Grassadonia e Antonio Piazza continuano a trasfigurare la tragedia senza fine della mafia in una chiave aperta al fantastico, ma se in Salvo interveniva un miracolo, qui si guarda piuttosto alla fiaba.
Il luogo più ricorrente del film è infatti un bosco, visto tanto nella realtà quanto nei sogni e dunque a suo modo incantato, inoltre la casa di Luna ha per cantina una caverna di roccia naturale, così come è rocciosa la prigione di Giuseppe. Luoghi primordiali cui va aggiunta la cameretta di Luna, che disegna sui muri come fosse la sua personale grotta di Lascaux. Anche la vita animale ha poi una presenza riccamente simbolica, a partire dal rapace che spesso appare nella cantina di Luna e dal minaccioso cane nero che sbrano lo zaino di Giuseppe all’inizio del film. Il fatto poi che il giovane faccia equitazione ne fa letteralmente un bel cavaliere, tanto che lo dice con sarcasmo anche la madre di Luna. Ovviamente infine i mafiosi sono gli orchi, mentre la madre di Giuseppe ha una presenza quasi spettrale, ed è a partire da qui (oltre non vogliamo rivelare) che il film si avvicina alla storia di fantasmi del titolo.
Non ingannino però i giovani protagonisti e gli elementi fiabeschi, perché non si tratta affatto di un film per ragazzi e il cuore di Sicilian Ghost Story è per esempio molto molto più nero di quello di Io non ho paura. Sia perché i personaggi sono meno giovani e vivono il dramma interiore con ben altra complessità, sia perché nonostante le deviazioni fantastiche la vicenda è comunque crudamente realistica, sia soprattutto per lo stile dei due registi. Come già in Salvo, Piazza e Grassadonia sono autori di poche parole, che prediligono al dialogo sequenze silenziose o accompagnate solo dalla musica, attentamente girate e qui spesso anche visionarie e inquietanti. Elementi che sfidano le convenzioni dei generi, e quindi anche lo sguardo sul mondo degli spettatori adulti, e che saranno particolarmente apprezzati dal pubblico più capace di cogliere la finezza della messa in scena, dei movimenti di macchina e del sound design dei due meticolosi autori.
Davvero notevole poi la prova di direzione degli attori, con la scoperta di Gaetano Fernandez e soprattutto di Julia Jedlikowska che, nel ruolo di Luna, deve esprimere una maturità e una serietà in anticipo sui suoi anni senza però cancellare del tutto la vitalità della fanciullezza che la caratterizza, tanto nella gioia quanto nella disperazione. Come la loro tenace eroina, anche i due registi appaiono più che mai sicuri dei loro mezzi, forse anche un po’ troppo dato che la durata di due ore, per una storia come si è detto fiabesca, rischia di risultare autoindulgente. Ciò nonostante il loro talento mantiene più o meno senza cedimenti il fascino di un film dal ritmo anomalo, anche grazie al montaggio dell’ottimo Cristiano Travaglioli (abituale collaboratore di Paolo Sorrentino e che ha intensamente voluto partecipare a Sicilian Ghost Story). Un’opera seconda che è dunque una benvenuta conferma per il cinema italiano, tributata dell’apertura della Semaine de la critique al Festival di Cannes.