Il 6 aprile del 1520, nella notte della sua morte tra venerdì Santo e lunedì di Pasqua, la salma di Raffaello viene accompagnata da un numeroso corteo in lutto. La città di Roma voleva mostrare il proprio tributo a un uomo importante, buono, talentuoso. A un prodigio. Per colpa di una polmonite e di una vita molto attiva era mancato, a 37 anni, il grande maestro di Urbino, quel pittore e architetto che aveva realizzato uno dei cicli di affreschi tra i più noti al mondo: le cosiddette “Stanze di Raffaello” al Museo Vaticano.
Raffaello, il divino artista qui raccontato dalla densa e personale voce narrante di Valeria Golino, viene sepolto insieme agli altri dèi delle arti all’interno del Pantheon. Il giusto tributo per un personaggio che ha lasciato tracce ancora oggi vivide, irripetibili e inarrivabili per la perfezione formale ed estetica delle sue opere.
Raffaello Sanzio nasce a Urbino nel 1483. La piccola città nel cuore delle Marche, luogo del potere del Duca di Montefeltro, guerriero e attivo mecenate delle arti rinascimentali, era crocevia di talenti. E tale si rivela subito Raffaello, alle prese con estetiche nuove, tecniche, scoperte, l’uso lodevole di materiali e pigmenti, sin da bambino, alla bottega del padre Giovanni Santi. Grazie alle sue grandi capacità e all’appoggio del padre, Raffaello si muove tra le corti importanti, passando da un committente all’altro, già da adolescente, affermandosi velocemente come “giovane prodigio”. Questi aggettivi lo accompagneranno fino all’ultimo giorno e oltre, poiché saranno incisi sulla sua tomba all’interno del Pantheon romano, come effige testimone nel tempo.
Il mito, dunque, si perpetua a seguito del suo grande talento nella raffigurazione umana, nelle espressioni reali e addolcite di alcuni soggetti che, già prima di compiere vent’anni, erano riconoscibili, già dal timbro personale che mirava alla perfezione di forme, colori, soggetti.
Nel percorso alla scoperta di Raffaello ci accompagnano gli appassionati storici dell’arte e direttori di musei Giuliano Pisani, Lorenza Mochi Onori, Vincenzo Farinella, Tom Henry, Gloria Fossi, Ippolita di Majo e Amèlie Ferrigno, tracciando dettagli stilistici e umani del grande pittore e architetto. Un primo, importante lavoro che renderà Raffaello tanto noto da recarsi a Firenze, è dato dalla commissione di Elisabetta Gonzaga, donna rigorosa e amante delle arti. E di rigore tratta il dipinto che Raffaello realizza, dove la donna risulta potente e austera, grazie ai dettagli estetici perfetti e ai rimandi delicatamente politici, che indicano il soggetto come personaggio di potere. Gli ornamenti del vestito della Gonzaga sono minuziosi, luminosi, perfetti. Le geometrie create dalla figura stagliata in primo piano e i suoi dettagli, come lo scorpione sulla collanina – citazione del conflitto tra la dama e Cesare Borgia – sono tracce importanti di un artista già adulto nell’atto creativo.