
Judy e Jonathan sono cresciuti e stanno per lasciare il nido. I tempi in cui la famiglia Brown si stringeva tutta quanta sul divano della casa di Windsor Gardens sono finiti, e la signora Brown sembra soffrirne più di tutti. L’occasione di trascorrere un po’ di tempo insieme si presenta, inattesa, quando l’orso Paddington riceve via lettera la notizia che la sua amata zia Lucy, ospite di una casa di riposo per orsi in Perù, sembra non godere di buona salute: si è chiusa in se stessa e non fa che nominare il suo nipotino lontano. La famiglia Brown al completo (Signora Bird compresa) si mette allora in viaggio per il Sudamerica, pronta all’avventura, e l’avventura non si farà attendere.
Al traguardo del terzo film ci si potrebbe anche interrogare sulla sua necessità, eppure non si è portati a farlo: perché il personaggio creato da Michael Bond ha dato originariamente vita a una serie numerosa di libri e originerà presto un’altra serie televisiva, dimostrando di poter reggere serenamente la richiesta.
Perché i primi due film hanno dimostrato di possedere vitalità creativa in quantità e un fine gusto per le gag; perché è molto difficile averne abbastanza di un orsetto ben educato, che interpella tutti quanti con il titolo di “signora”, “signore” o “signorina”, ce la mette tutta per essere un buon cittadino, e, al culmine della rabbia, può al massimo fissarti obliquamente, per comunicarti il suo disaccordo.
Si sale, dunque, sull’aereo per il profondo Perù, armati di allegra speranza, anche se l’inizio non è stato scoppiettante, il cambio di attrice per il personaggio di Mary Brown ci ha imposto qualche scossa di assestamento e altre ne imporrà il cambio alla regia. Altrettanto pazienti e fiduciosi ci si arrischia poi sul battello di Antonio Banderas e figlia, nonostante al ritornello della febbre dell’oro e della mitica città di El Dorado dovrebbe venir applicata una data di scadenza cinematografica, prima o poi. Diventa chiaro, insomma, che, esattamente come la nuova dirigenza della compagnia di assicurazioni del signor Brown, anche la virata sul bordo del fantastico richiede che si abbracci il rischio. D’altronde, con la nuova ambientazione amazzonica, viene a mancare la sorgente primaria dello humor della serie, quell’abbinamento incongruo tra la fisicità e l’animalità del protagonista e il contesto domestico e famigliare della classe media londinese. È un tuffo senza salvagente, ma si verrà premiati per averlo fatto.
Per quanto lontana dal vivace melting pot di Notting Hill, infatti, e per quanto portatrice di molti tratti di regressione rispetto alla felicità di scrittura dei capitoli precedenti, l’origin story di Paddington ci trascina sempre più rapidamente al suo interno, tra arance succose, travestimenti carnevaleschi, suore farlocche e irresistibili orsetti senza cappotto. E alla fine anche la crisi di identità della famiglia Brown troverà la sua risposta.