
Rosa Sauer, insieme ad altre sei donne, viene costretta per anni a sedere a tavola per assaggiare il cibo destinato ad Adolf Hitler con lo scopo di verificare che non sia avvelenato. Tra le sette donne, che ogni giorno potrebbero perdere la vita, si intrecciano rapporti che implicano sia la solidarietà che il possibile tradimento.
Silvio Soldini, al suo primo film collocato in un contesto non contemporaneo, si conferma in grado di tentare nuove strade conservando il tratto dell’autore.
Il film si ispira al romanzo omonimo di Rosella Postorino vincitore del Premio Campiello nel 2018. La scrittrice era rimasta colpita dalla vicenda reale di Margot Wölk, una segretaria tedesca costretta dal 1942 ad assaggiare il cibo destinato ad Hitler quando risedeva nella “Tana del lupo”. Lo scopo era, ovviamente, quello di evitare un avvelenamento. La donna tenne queste segreto per sé sino quasi alla morte quando decise di parlarne. Postorino non ebbe modo di incontrarla ma, sulla base della sua narrazione, costruì la protagonista del romanzo.
Il cinema di Silvio Soldini ha da sempre prestato una grande e profonda attenzione all’universo femminile, avvicinandolo con curiosità e rispetto per scrutarne le sfumature, anche le meno visibili. In un’intervista di diversi decenni fa ha dichiarato: “A dispetto dei tempi, credo in un cinema che sia ancora capace di uno sguardo particolare e preciso sul mondo”. La sua filmografia mostra e dimostra la conservazione di una mai cedevole coerenza con questo assunto.
È interessante riflettere sul fatto che, ad esempio, il suo ultimo lavoro, prima de Le assaggiatrici, sia stato il documentario Un altro domani in cui si occupava della violenza domestica sulle donne. Compiendo per la prima volta un balzo indietro nel passato, realizzando quindi il suo primo film ‘in costume’, Soldini continua la riflessione sul corpo delle donne violato.