La guerra del Pacifico brucia Tokyo e il mondo di Mahito, un ragazzino traumatizzato dalla morte della madre, divorata dal fuoco dei bombardieri. Due anni dopo, elaborato il lutto, suo padre lascia la città per la campagna e per la cognata, da cui adesso aspetta un figlio. Mahito fatica ad accettare una nuova mamma e una nuova vita ma qualcosa lo distrae dal dolore. Un airone cenerino e ostinato lo tormenta e ‘gli parla’ conducendolo in un mondo fantastico e nascosto, dove scoprirà il mistero della vita e della sua famiglia. Tra antenati e parrocchetti, madri e matrigne, il ragazzo troverà le risposte che cerca e il futuro che merita.
Ognuno di noi ha ‘un Miyazaki’ del cuore, un’immagine nella testa, una scena, una replica o addirittura un universo dove convivono un gattobus e un pesce rosso umano, il tragico e il meraviglioso, l’ombra e la luce, in un equilibrio difficile ma necessario tra presente e passato, natura e civiltà. Perché l’utopia in Miyazaki fa sempre i conti con la realtà e con tutte le cose destinate a scomparire.
Se è vero che il suo cinema è fatto di vento e tempeste, di bambini dal cuore potente e creature magiche (e ibride), la cui gioiosa petulanza ci fa abbandonare ogni razionalità, è altrettanto vero che l’isola di Miyazaki, dimensione infinita dell’infanzia, è la risacca di tutte le paure e le fascinazioni di quell’età.
Nei suoi disegni ingannevolmente innocenti trasmette un condensato di tutte le impressioni di colori e forme che hanno segnato una stagione in cui l’immaginazione prevaleva ancora sulla vita. Ma sotto la furia di un’onda che ci fissa negli occhi, sotto la sua schiuma instabile, scopriamo sempre un nero insondabile e seducente che spazza via certezze e convenzioni, ‘alza il vento’ e solleva riflessioni filosofiche.
Muovendosi dall’onirico al politico, i suoi film sono pietre vive che costruiscono un edificio di porte che si aprono e si chiudono su universi paralleli, di idrovolanti carichi di sogni e di bombe, di nuvole nere che si fermano e di nuvole bianche che corrono col buon vento, quello fa mulinare gli ombrellini delle fanciulle e volare i cappellini dei fanciulli. La chiave del mistero risiede tutta nel viaggio fantastico che le storie di Miyazaki dispiegano, offrendo a eroi ed eroine uno sguardo nuovo sul mondo.
La matrice è sempre la stessa: l’emergere di un’alterità e il susseguirsi di eventi, qualche volta tragici, invitano i protagonisti a ri-calibrare la visione del proprio focolare (per l’autore è spesso un cerchio familiare rotto o incompleto). Nella crepa che spezza in due i suoi protagonisti e spacca in due i suoi film, Miyazaki precipita un altro bambino, che evolverà dentro immagini grandiose. Sulle note di Joe Hisaishi, compositore fedele dello Studio Ghibli, provoca di nuovo la collisione dei mondi che crea, due dimensioni che si scontrano o si disfano. Il ragazzo e l’airone non fa eccezione, segnando il ritorno all’orizzonte carrolliano de Il mio vicino Totoro o de La città incantata.