Tre ragazzi della Pennsylvania vanno alla guerra (nel Vietnam). Due tornano mutilati nel corpo e nello spirito. Il terzo non ritorna affatto. Rimane nell’inferno di Saigon a rischiare ogni sera la vita in un assurdo gioco della roulette russa (una pallottola sola in canna, ogni sera un avversario diverso). Finché ci rimane, sotto gli occhi inorriditi del commilitone che era tornato a ripescarlo. Tre ore di spettacolo, raccontato con una grinta e un rilievo drammatico che il cinema americano da tempo non riusciva ad esprimere. Più appassionante come romanzone che significante per i caratteri (abbastanza sfumati nelle loro motivazioni), il film vanta sequenze memorabili (il matrimonio, la tortura, la roulette nelle bettole di Saigon). Presentato al festival di Berlino, fu sonoramente beccato da molti giovani di sinistra per la rappresentazione che faceva dei Vietcong (sadici, torturatori, assassini). In realtà, il conflitto nel Sudest serve solo come corrusca tela di fondo. Giudizi storico-politici non vengono dati dal regista. Al massimo il Vietnam è visto come una sporca avventura per la quale non era proprio il caso di immolare tanti bravi ragazzi americani. Il film vive particolarmente per la bravura di tutti gli interpreti e per la gagliardia registica di Michael Cimino.
IL CACCIATORE
“TRE ORE DI SPETTACOLO RACCONTATO CON GRINTA E RILIEVO DRAMMATICO.„