I nuovi acchiappafantasmi si sono ormai stabilmente insediati al posto dei loro predecessori. Phoebe Spengler, il fratello Trevor, la madre e il suo nuovo compagno, il professor Gary Grooberson, vivono e lavorano, infatti, nell’ex caserma dei pompieri che ha visto nascere la grande avventura. Ma poiché non si può mai stare tranquilli, il sindaco di New York, che desidera sbarazzarsi di loro, fa leva sulla minore età di Phoebe per proibirle di continuare ad indossare la divisa e lo zaino protonico, scatenando in lei rabbia e frustrazione. Nel frattempo, al negozio di oggetti “posseduti” di Ray, arriva una strana sfera di ottone, risalente a qualche migliaio di anni or sono, la cui apertura accidentale scatena ben altre minacce.
Tre anni fa Ghostbusters – Legacy trovava un senso nel rilancio per una nuova generazione di quell’idea paranormale di mescolare commedia, avventura e horror che aveva entusiasmato giovani e adulti alla metà degli anni Ottanta.
Ora questo sequel del mezzo sequel (e mezzo reboot) fatica invece un po’ a trovare un’identità, per cui da un lato ripropone una volta di troppo la tematica della reunion, rischiando di trasformare l’omaggio in retorica, e dall’altro cerca una propria strada con delle sottotrame sentimentali che restano però solo accennate. In particolare, mentre la linea dell’amicizia (o forse qualcosa di più) tra Phoebe e la coetanea fantasma s’incastra a dovere nell’intreccio, quella che riguarda il nuovo ruolo genitoriale di Gary è mal trattata, consegnata ad una sbrigativa banalità che travolge il personaggio interpretato da Paul Rudd, impedendogli di replicare la simpatica performance del film precedente.
Anche se Jason Reitman co-firma ancora il copione, lo smalto è dunque minore e il cambio di regia a favore di Gil Kenan si sente forte e chiaro. Nonostante ciò, Ghostbusters – Minaccia glaciale resta un godibile “episodio” del secondo ciclo del franchise di Ghostbusters, confermando ancora una volta la felicità e la fecondità dell’idea primigenia.
Merito degli esperimenti del nuovo mastro di fuoco e cocco di nonna Kumail Nanjiani; del prologo intrigante; delle frecciatine alla polizia che dovrebbe dare l’allarme ma viene regolarmente sopraffatta dall’inerzia; del ritorno di Slimer e dei marshmallows: ingredienti familiari e divertenti, facili, forse, ma anche più in linea con lo spirito pop dei Ghostbusters e più riusciti rispetto all’esperimento inverosimile al centro del racconto (anche il fantastico ha i suoi confini, per quanto espansi).
Nessun dramma, dunque, solo un problema di sovraffollamento: per fare in modo che ognuno dei tantissimi personaggi in campo, vecchi e nuovi, avesse il suo momento, si è finito per strizzare troppo anche chi voleva o meritava di più.