NEL QUADRO DEL FESTIVAL “CASTIGLIONE CINEMA”
OSPITE IN ARENA IL REGISTA FRANCESCO BRUNI
Bruno Salvati è un regista di “commedie che non fanno ridere” e di film che “non vuole” e “non vede” nessuno. Si è separato da poco e controvoglia dalla moglie, e sospetta di essere già stato rimpiazzato da un’amante (con l’apostrofo, in quanto femmina). I due figli Adele e Tito sono l’una studiosa e volitiva, l’altro vago e cannaiolo. Nella sua vita all’improvviso irrompe una di quelle malattie dal nome impronunciabile e dal significato terribile: la mielodisplasia. Occorre un donatore di midollo da cui trarre le cellule staminali per uscirne vivi, e i donatori non sono necessariamente compatibili, o presenti.
Bruno Salvati è, fin dal nome, l’alter ego di Francesco Bruni, che in Cosa sarà racconta il suo incontro reale con la mielodisplasia.
Ma Bruni ha l’intelligenza di trasformare quello che poteva essere un film sulla malattia nella messa a nudo di una fragilità umana specificatamente maschile, e di affidare il ruolo del protagonista a Kim Rossi Stuart che ha in sé il giusto grado di incazzatura davanti all’inaccettabile, nonché quell’ombra che abita chiunque si sia trovato faccia a faccia con la morte.
La sceneggiatura, scritta da Bruni con la collaborazione dello stesso Rossi Stuart, si allarga come i cerchi nell’acqua, e il primo e (quasi) ultimo cerchio formano una piccola parabola sul bisogno di (af)fidarsi, soprattutto quando le probabilità di prendere una fregatura sono altissime. Nei cerchi interni si sviluppa la storia che scorre fluidamente avanti e indietro nel tempo, ripercorrendo l’iter di Bruno-Bruni per ricrearne lo spiazzamento frammentario e restituire le piccole rivelazioni incontrate lungo la via: la generosità di una figlia, la paura muta di un figlio, la solidità di una ex moglie, il pragmatismo di una dottoressa sbrigativa e battagliera, la gentilezza di un infermiere, il senso di colpa di un padre che non ha saputo esserlo, ma non ha smesso di amare i suoi figli.
È un modo lieve e autoironico di raccontare un gigantesco spavento che rimane come monito della propria impermanenza, e come rivelazione (a se stesso prima che agli altri) di quelle caratteristiche di “debolezza e fragilità” che la malattia mette solo in maggiore evidenza e che rendono molti uomini più impreparati di quelle donne “che hanno sempre ragione” anche quando non sono perfette, “perché a noi quelli perfetti non ci piacciono”. Cosa sarà è un modo di raccontare quando non ci si è capito niente, ma qualcosa si è imparato, senza magari sapere ancora bene cosa.
Il cast gioca in squadra, capitanato da Rossi Stuart in un ruolo che mette in luce molti suoi colori e in qualche modo ripesca il suo Tommaso e il suo Renato di Anche libero va bene, ma riesce a far intravedere anche la dolcezza infantile di Bruni. Spiccano soprattutto Raffaella Lebboroni nei panni della dottoressa, Barbara Ronchi in un ruolo che non possiamo rivelare e Giuseppe Pambieri, magnifico come Umberto, il padre di Bruno.
Le canzoni scelte in momenti clou della storia – Perfect Day e Altrove – sottolineano bene lo straniamento, il dolore e il sollievo di una storia su cui aleggia un “per adesso”, ma che ci ricorda anche che per ognuno di noi tutto è “per adesso”, e tanto vale accoglierlo con un po’ di fiducia.