CARO DIARIO versione restaurata

CON CARO DIARIO MORETTI SI SEPARA DAL PERSONAGGIO DI MICHELE APICELLA PER RACCONTARSI ED ESPORSI IN PRIMA PERSONA.
CARO DIARIO versione restaurata

Il film è suddiviso in tre parti. Nel 1° capitolo “In Vespa” Moretti percorre strade e quartieri romani in estate. In uno dei pochi cinema aperti viene proiettato Henry pioggia di sangue che lui trova orribile e di cui rilegge recensioni encomiastiche. L’episodio si conclude nel luogo in cui Pier Paolo Pasolini è stato ucciso. Il 2° capitolo è “Isole”. Qui Moretti va a trovare alle Eolie l’amico Gerardo e con lui inizia un tour tra le isole per trovare un luogo in cui lavorare in pace. L’amico, convinto detrattore dei programmi televisivi, troverà il modo per convertirsi a ‘Beautiful’ e a ‘Chi l’ha visto?’ Il 3° capitolo “Medici” fa esplicito riferimento agli innumerevoli tentativi compiuti da Moretti per risolvere un problema di intenso prurito che lo tormentava. I molti medici interpellati non sono riusciti a trovare una soluzione che avrebbe potuto essere sotto ai loro occhi.

Quattro anni dopo Palombella rossa e tre dopo La cosa Nanni Moretti tornava sullo schermo (vincendo la Palma d’oro a Cannes per la miglior regia). Cinque anni dopo con Aprile sarebbe tornato a parlare direttamente di sé. Si sostanzia quindi la definitiva separazione da Michele Apicella che fino ad allora aveva consentito a Moretti di fingere di nascondersi dietro ad un personaggio che portava il cognome della madre, che variava di età e professione ad ogni film al quale poteva far esprimere pensieri suoi ma anche farlo agire in maniera difforme a quella per lui usuale. Ora comunque il diaframma è infranto ed è Giovanni Moretti nato a Brunico il 19 agosto del 1953 ad esporsi in prima persona. Lo fa misurandosi con tre forme narrative differenti la cui unitarietà è legata alla sua persona e al suo modo di rapportarsi con la realtà.

In “In Vespa” traccia una mappa del tutto personale di Roma percorrendola con quella moto, quegli indumenti e quel casco che saranno non solo l’immagine del film ma diventeranno anche il logo della sua produzione a cui si aggiungerà, dopo la nascita avvenuta nel 1996, il disegno del figlio Pietro seduto dietro. Non si tratta però solo di uno sguardo, talvolta critico ma più spesso ammirato di una capitale vista nei suoi aspetti meno turistici ma più vissuti ma anche l’occasione per togliersi qualche classico sassolino dalle scarpe sui critici cinematografici e su un particolare tipo di cinema nonché sul cinema italiano impegnato ad osservarsi l’ombelico e su un’esistenza tragicamente interrotta come è stata quella di Pasolini.

Dall’on the road in “Isole” si passa alla commedia che non dimentica il contesto geografico (le Eolie sono coprotagoniste) ma si diverte (lui ancora distante dall’essere padre) a lanciare strali contro la figlio-dipendenza di molti genitori nonché a suggerire una riflessione sul potere attrattivo della televisione.

Con “Medici” si passa direttamente a quella che forse all’epoca ancora non si chiamava docu-.fiction. Strutturandolo come un flashback e documentandolo con le immagini delle prescrizioni mediche, Moretti ricostruisce il tortuoso e fortemente improduttivo percorso compiuto da un medico all’altro per venire a capo di una malattia che sarebbe stato semplice definire sin dall’inizio. L’ironia fintamente passiva che domina l’episodio è in realtà il veleno nella coda di un film in cui Moretti e Molière si ritrovano accomunati da una fondamentale sfiducia nei medici.

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