EVENTO
OSPITI IN ARENA IL REGISTA MARIO BALSAMO E L’ ATTRICE PROTAGONISTA SILVANA STEFANINI, NATIVA DI CITTA’ DELLA PIEVE, PREMIATA QUEST’ANNO CON IL NASTRO D’ARGENTO COME MIGLIOR ATTRICE
ALCUNE SCENE DEL FILM SONO STATE GIRATE A CITTA’ DELLE PIEVE!
La madre di Mario, regista, in gioventù era un’attrice: recitò in piccoli ruoli e la sua parte più importante fu in La barriera della legge di Piero Costa, con Rossano Brazzi come protagonista. Dopo anni di tentativi, Mario decide finalmente di donarle il regalo più grande: ritrovare la pellicola del film, vederla insieme a lei e rimettere il nome di Silvana Stefanini nei titoli di testa.
Dopo Noi non siamo come James Bond, Mario Balsamo torna a giocare con la cinefilia, utilizzandola come coadiuvante per poter raccontare qualcosa di molto personale. Là si trattava della malattia e della vulnerabilità, mentre in Mia madre fa l’attrice vengono raccontati la memoria, la bellezza che sfiorisce e il dialogo tra generazioni differenti, incarnati da una madre e da un figlio alle prese con un rapporto complicato.
Prima di girare Mia madre fa l’attrice Mario e la madre Silvana non si parlano quasi più, né sono in grado di abbracciarsi. Al di là della sottolineatura insistita della sceneggiatura su questo punto, è qualcosa che si percepisce dal linguaggio dei corpi e dalla forza invisibile che li separa anziché unirli. Mia madre fa l’attrice diviene così una sorta di terapia per madre e figlio, in cui la prima può curare la tendenza all’anaffettività del secondo, mentre Mario dona a Silvana la possibilità di rivivere la propria giovinezza, anche solo per dei fugaci istanti.
Balsamo adotta un registro comico con sprazzi di surreale: i filtri carichi di colori saturi e l’evidenziazione della natura fittizia di alcune scene caratterizzano il tono dell’opera, che gioca con lo spettatore su quando prendersi sul serio e su quando invece non farlo. A lasciare perplessi sono alcune incoerenze di registro, che portano a scelte estetiche spesso ordinarie: gli sprazzi di Sunset Boulevard a cui pare voler anelare la sequenza nel surreale parco popolato da cactus a Latina, in fondo, cosa vogliono comunicare se non la natura posticcia del cinema e il suo valore di testimonianza? Le occasioni per scavare nelle ambiguità della situazione creatasi non vengono sfruttate, in favore di svolgimenti prevedibili e non destabilizzanti.
Restano alcuni passaggi memorabili, come il provino per Carlo Verdone, in cui Silvana dà effettivamente prova di un talento naturale per la recitazione, e la gag sul rapporto tra Silvana, le nuove tecnologie e l’information overload; mentre solleva qualche dubbio l’esilarante scena, al limite dell’exploitation, in cui la comicità è determinata dalla scarsa mobilità della madre, costretta a salire e scendere ripetutamente le scale con evidente difficoltà. Mia madre fa l’attrice vorrebbe vestire i panni del cult, ma resta un curioso e fugace divertissement.