
Nel 2054, la mancanza di opportunità sulla Terra spinge le masse al pellegrinaggio interstellare, che inevitabilmente vuol dire sfruttamento da parte di potenti demagoghi al comando di queste spedizioni. Uno di loro è Kenneth Marshall, politico fallito in cerca di una nuova era per l’umanità su un pianeta inospitale abitato da strane creature. Per sfuggire a dei pericolosi usurai, Mickey Barnes accetta di imbarcarsi sull’astronave firmando un contratto da expendable, tuttofare destinati a morire ripetutamente grazie a una tecnologia che consente di “ristampare” un corpo all’infinito mantenendone la coscienza.
Tale era stato l’impatto culturale e cinematografico di Parasiteche non sembrano sei gli anni che lo separano dal ritorno di Bong Joon-Ho con Mickey 17.
Nell’adattare un romanzo di Edward Ashton, Bong si confronta con la sua produzione finora più imponente, un’enorme giostra sci-fi che ha il merito di saper essere strana e bizzarra in un panorama sempre più omologato. Al tempo stesso, come accade per tanti maestri del cinema internazionale, il passaggio ai grandi budget e alle star anglosassoni finisce per creare un effetto “parco giochi” che attenua la verve originale del regista e lo porta a ripetersi.
C’è dunque tanto del Bong che conosciamo nella plastica e propulsiva baraonda spaziale di Mickey 17: le disuguaglianze sociali di Snowpiercer, le simpatiche creature digitali come in Okja, una galleria sempre più barocca di villain in pieno delirio di potere (stavolta Toni Collette e Mark Ruffalo, nei panni di un riuscito Trump di quart’ordine che si crede condottiero del nuovo mondo). C’è anche, ovviamente, Robert Pattinson che si sdoppia nei ruoli di Mickey 17 e 18, due delle sue tante copie sacrificabili che dovrebbero alternarsi in seguito alla morte ricorrente ma che qui si sovrappongono nella loro diversità – soprattutto la voce, con un lavoro notevole sul numero 17 non per la prima volta nella carriera dell’attore – e si troveranno al centro della rivoluzione.
Benché il gancio della storia risieda nella gag della “morte di routine” (il povero Mickey è così abituato a finire cadavere nel fuoco che i cruenti e fantasiosi decenni finiscono per venirgli a noia), il dispositivo non diventa mai un vero e proprio motivo filmico in stile Edge of Tomorrow. Bong è più interessato a rompere il sistema che ad ammirarlo in funzione, e i suoi temi abituali di ambientalismo, bene comune e ribellione di fronte alle ingiustizie richiedono esplosività sovversiva.