
Bridget Jones ce l’aveva fatta, era diventata la signora Darcy, ma ora Mark non c’è più, è rimasto ucciso in una missione umanitaria in Sudan, e lei è costretta a destreggiarsi ormai da anni tra il dolore per il lutto e l’esigenza di crescere nel miglior modo possibile i loro figli, Billy e Mabel. Per uscire dal limbo emotivo e cercare di far ripartire la propria vita, accetta di iscriversi a Tinder, dove inizia una fitta conversazione con il giovanissimo e aitante Roxster. Anche il nuovo insegnante di Billy, però, il signor Walliker, sembra osservarla con interesse da una certa distanza.
All’inizio del film l’eroina è dunque al punto di partenza. Letteralmente. Il quarto capitolo dedicato alla single più pasticciona di Londra la riporta esattamente alla situazione iniziale: al tavolino del solito bar, con gli amici di sempre -Tom, Jude e Shazzer – fissati nelle caratteristiche di sempre.
Perché Bridget esca dal pigiama si rende presto necessario anche il ritorno alla vita sociale assicurata dal lavoro: e così tornano in scena, al loro posto di battaglia, anche Miranda e Richard. Stiamo dunque per assistere a una sorta di remake del primo capitolo? No, per fortuna non è così.
I film di Bridget Jones non sono instant movies messi in piedi in fretta e furia; sono invece produzioni ragionate, che attribuiscono valore alla scrittura (in questo caso firmano la sceneggiatura l’autrice dei romanzi e coproduttrice del film, Helen Fielding, con Dan Mazer, già autore del terzo film, e Abi Morgan) e non temono di prendersi il tempo che serve tra un capitolo e l’altro. Una formula che restituisce la cortesia con gli interessi. Nonostante le faccette in cui si produce Renée Zellweger siano tali e tante da sfiorare il tic, il film dosa bene le parti melanconiche e la commedia, senza farsi mancare l’esagerazione, programmatica, in entrambi i sensi: non mancano, cioè, né i momenti propriamente commoventi né quelli apertamente scemi, che fanno parte fin dall’inizio della cassetta degli attrezzi di questa serie (emblematica, a questo giro, la scena del party a bordo piscina).
Questo quarto racconto, per di più, non teme di rivolgersi peculiarmente a chi è invecchiato insieme ai personaggi; e non è la presenza del giovane Leo Woodall nei panni del guardiaparco Roxster a cambiare le cose. Il rinnovamento del cast va soprattutto nella direzione di un ampliamento dell’ inclusività, ma a ben guardare la notizia migliore del film è il ritorno in scena di Hugh Grant dopo la parentesi della sua morte apparente. Seppure con una certa goffa insistenza sullo stesso tasto, il suo Daniel Cleaver, libertino impenitente, senza alcuno scrupolo woke, si conferma un personaggio comico formidabile, anche e soprattutto per come si avvicina, ingrigito ma mai redento, alle recenti apparizioni dell’attore fuori di finzione.
Bridget Jones – Un amore di ragazzo è un’evoluzione della saga, con l’età e con successo, da commedia romantica a commedia più ampiamente sentimentale, che sfrutta la memoria emotiva del corpus di film che trova con esso una probabile conclusione, affinando ulteriormente la cura di molti aspetti (le scenografie in particolare), e continuando a proporre un umorismo spesso irresistibile, tanto di parola che di situazione.