IL MIO GIARDINO PERSIANO

L'INCONTRO DOLCE, BEFFARDO (E POLITICO) DI DUE ANIME SOLE, SULLO SFONDO DI UN IRAN DECADENTE.
IL MIO GIARDINO PERSIANO

Vedova da una trentina d’anni, la settantenne Mahin non ha mai voluto risposarsi e da quando la figlia è partita per l’estero vive sola a Teheran nella sua grande casa con giardino. Stanca della solitudine, dopo un pranzo con le amiche che l’ha spinta a cercare la compagnia di un uomo, Mahin avvicina l’anziano tassista Faramarz, ex soldato anche lui destinato a restare solo, e con gentilezza lo invita da lei per passare una serata insieme. L’incontro inaspettato si trasformerà per entrambi in qualcosa d’indimenticabile.

Presentato in concorso alla Berlinale 2024, il film non fu accompagnato dai suoi due autori, Maryam Moghaddam e Behtash Sanaeeha, a cui venne negato il passaporto: una chiara ritorsione del governo iraniano nei confronti del loro cinema poco allineato.

Già nel loro film precedente, Ballad of a White Cow, Sanaeeha e Moghaddam (che di quel film era anche attrice protagonista), avevano del resto rappresentato il regime di Teheran come corrotto, incerto, impreparato di fronte ai propri errori, e raccontato l’esperienza quotidiana di una donna vittima di un potere indifferente. In Il mio giardino persiano (titolo internazionale My Favourite Cake, “la mia torta preferita”, di cui si comprende il senso nel finale) il versante politico è più sfumato, ma allo stesso modo la messinscena sottolinea la chimera di una libertà irraggiungibile per il popolo iraniano.

La protagonista Mahin (l’intensa Lily Farhadpour), non più giovane ma ancora viva, è tenuta al suo posto di donna sola e reticente dalle regole più o meno scritte della società islamica e piccolo borghese a cui appartiene. Lo dimostrano l’hijab che è costretta a indossare (ricordando invece i tacchi alti e le scollature del mondo pre-rivoluzione), le sbrigative conversazioni al telefono con la figlia, i dialoghi con l’amica ipocondriaca, la condiscendenza degli uomini al ristorante, la curiosità della vicina impicciona che ha sentito una voce maschile nel suo appartamento…

Significativamente, la voglia di riprendere a vivere, di cercare la compagnia di un uomo e combattere la solitudine, per la donna passa attraverso la rivendicazione della sua esistenza e della sua figura nel mondo esteriore: come quando, nell’unico momento esplicitamente militante del film, si oppone all’arresto da parte della polizia morale di una ragazza rea di non indossare correttamente il velo. «Fatti sentire», dice Mahin alla giovane dopo averla salvata, «più tu accetti il loro potere, più loro ti schiacceranno».

SPETTACOLI dal 22 al 25 febbraio
CINEMA TEATRO CESARE CAPORALI - Piazzetta San Domenico, 1 - Castiglione del Lago (PG)
sabato 22
  • NON PROGRAMMATO
domenica 23
  • NON PROGRAMMATO
lunedì 24
  • 18:15
martedì 25
  • 21:15
IL MIO GIARDINO PERSIANO