Pietro, professore di liceo amato dai suoi studenti, trova l’amore, nel senso pieno del termine, con Teresa, un’ex studentessa. Da quando lei gli propone di confidarsi reciprocamente un segreto mai rivelato a nessuno le cose cambieranno profondamente. Diventeranno entrambi famosi ma la consapevolezza di ciò che Teresa sa e che potrebbe rivelare perseguiterà Pietro.
Luchetti torna ad occuparsi di un romanzo di Starnone e realizza il suo film più complesso e ricco di sollecitazioni nei confronti dello spettatore.
Il sodalizio Luchetti-Starnone ha inizio negli anni ’90 con La scuola e in questa occasione se ne vede la più completa maturazione. Lo scrittore non ha collaborato alla stesura della sceneggiatura e il compito è stato assunto da Francesco Piccolo. Ne è nato un film che si interroga e ci interroga sulla natura umana e su quella aporia che Miklós Jancsó fissò con il titolo del film Vizi privati, pubbliche virtù. Perché il Pietro professore diventerà un autore che scrive della scuola sviluppando una ‘didattica degli affetti’ che attirerà l’attenzione non solo del Ministero ma anche degli insegnanti suoi colleghi o ex colleghi.
Teresa diventerà un nome e un cognome (Teresa Quadraro) noto in tutto il mondo per le sue scoperte nel campo della Matematica dopo che si è trasferita all’estero. Però ciò che li unisce e al contempo li divide è un ‘prima’. Quello, durato una manciata di secondi, in cui si sono rivelati reciprocamente un segreto fino ad allora inconfessabile. Con la differenza che quello che rischierebbe di più qualora venisse rivelato, è Pietro.
Luchetti sa come chiedere a Germano (e l’attore sa come restituirgli) la personalità di un uomo diviso in due. Da un lato è colui che sa dare amore ai propri allievi accompagnandoli nel loro difficile percorso di maturazione, trascurando talvolta la stretta adesione al ‘programma ministeriale’ da seguire per parlare di loro e con loro. In questo quadro si colloca anche il matrimonio con una collega che dovrebbe rappresentare il quieto vivere e la continuità anche sul piano della condivisione professionale. Dall’altro c’è l’uomo perseguitato dall’aver rivelato esplicitamente anche a se stesso ciò che aveva nascosto nel profondo.
Luchetti (e dietro di lui Starnone e Piccolo) è molto abile nel non cadere nelle trappole narrative made in USA modello Attrazione fatale. Qui non ci sono coniglietti bolliti e Teresa non è una pazza alla ricerca di vendetta. È qualcosa di più e di diverso. È la rappresentazione fisica della cattiva coscienza di Pietro, dell’insegnante capace di ribaltare le tesi del collega che, sentendosi frustrato dalla scarsa considerazione nei confronti del suo ruolo, ritiene di non essere chiamato ad offrire nulla di più che il dovere che il contratto gli impone.
C’è una scena, apparentemente secondaria rispetto al plot di base e invece importante, che lo vede in procinto di avere un rapporto con la sua editor mentre si trovano impegnati in una conferenza lontano da casa. La sua reazione e uno sguardo successivo su un oggetto rivelatore, una volta tornato in famiglia, ci traducono in gesti ed immagini la complessità delle reazioni dell’animo umano.
È in questa capacità di approfondire anche le minime sfumature che Luchetti ci mostra la solidità e la totale capacità di immergersi nella narrazione della sua regia. Sarebbe troppo semplicistico leggere questo film come un thriller. È molto di più. E il finale sui titoli di coda ci ricorda, nella sua astrazione, quella mosca il cui ronzio risuonava nella scuola di tanti anni fa.