Ava è un’assistente scolastica irlandese, vedova e madre di un figlio e una figlia entrambi adolescenti. Ali è un’ex dj di origini bengalesi, gestore di appartamenti con alle spalle un matrimonio doloroso. Entrambi vivono a Bradford, città industriale del West Yorkshire, profonda Inghilterra che non vede di buon occhio la loro relazione. Eppure dopo essersi incontrati e sedotti, Ava e Ali decidono di passare del tempo insieme e poco alla volta diventano una coppia. A unirli sono la musica, la passione per il ballo, la voglia rinnovata di amare e trovare qualcosa di romantico nelle rispettive vite.
La regista inglese Clio Barnard sceglie ancora la città di Bradford come set privilegiato per il suo cinema, girando il suo film più vitale e ottimista.
C’è soprattutto una cosa che lega Ali e Ava, i protagonisti di questo piccolo film dal cuore e dall’energia grandissimi: la musica. Ciascuno dei due, inizialmente chiuso nella propria vita e nei propri luoghi (per lei la scuola e la casa dove si è adattata alla vita di madre e vedova; per lui gli appartamenti e le strade che attraversa con modi svelti e frenetici), indossa cuffie con le quali affrontare il mondo: da un lato per entrambi c’è la voglia di vivere in modo attivo, senza farsi le cose addosso, dall’altro la necessità di isolarsi, di cercare l’estasi nell’ascolto (camminando, in macchina, nel proprio salotto…).
La storia d’amore fra questa donna e questo uomo non più giovani, mai stati belli ma a loro modo affascinanti, nasce come un incontro e un ascolto reciproci. Divisi dalle origini e dalle rispettive storie, ai lati opposti della città – lui più in centro, lei in un sobborgo dove domina il revanscismo della classe operaia bianca razzista – Ali e Ava condividono uno spazio che non esiste nella realtà, ma solo nelle loro orecchie, nel vagheggiare dei pensieri generati dall’ascolto.
Non per questo, Ali & Ava è un film etereo e di pura immaginazione. Al contrario è dominato dai corpi dei suoi straordinari interpreti, Claire Rushbrook e Adeel Akhtar, che la macchina da presa segue da vicino, in primissimo piano, talvolta allontanandosi per osservarli nel loro contesto, sempre restando vicinissima ai loro spostamenti sia fisici sia emotivi.
Come ha detto la stessa regista (tra le voci più interessanti del cinema inglese degli ultimi anni, capace di passare dal documentario d’invenzione The Arbor, alla favola realista The Selfish Giant, al dramma psicologico Dark River), il film utilizza uno sguardo ruvido e realista per raccontare un melodramma in piena regola. Privilegiando il punto di vista della protagonista femminile, mette in scena il classico incontro tra una donna sola travolta dagli affetti familiari con un uomo (uno straniero) capace di spezzare la sua routine e mettere in crisi il sistema di valori del suo mondo. E se Ava è una donna dolce e nervosa, dai modi gentili e sempre accoglienti, Ali ha lo sguardo spiritato di chi sa farsi stupire dagli altri, con la sua aria distaccata e la sua volontà tenace: insieme sono a loro modo perfetti.
L’amore fra queste due figure autentiche e al tempo stesso ideali è così impedito dalle circostanze sociali, ma esaltato dalla loro unicità: nessuno è come Ali e Ava, nessuno possiede la loro forza, la loro resistenza. Lo sguardo della regista è spoglio e diretto come loro, e trova per questo una perfetta sintonia capace di raccontare una storia d’amore sbilenca ed entusiasmante, simile a un sogno che prende vita dalle spigolosità della vita vera.