Luca è single, gay, cattolico, dedito al volontariato e con un grande desiderio di paternità. Alba è una neonata con sindrome di Down che è stata abbandonata in ospedale subito dopo il parto. Mentre la sua infermiera le dedica ogni tipo di cura, il tribunale di Napoli è alla ricerca di una famiglia che possa occuparsi di lei. Luca si propone per ottenerne l’affidamento, ma è single ed è omosessuale. Ad aiutarlo ci penserà un’avvocata agguerrita, esperta tanto di legge quanto di umanità.
Vuole essere un film dolce, intimo, delicato, appena sussurrato, il nuovo lavoro di Fabio Mollo, la storia (vera) di una paternità fortemente desiderata.
Ci voleva, un film che mettesse al centro una delle più intricate questioni che travagliano la burocrazia italiana, quando si parla di adozioni. Un film che affrontasse a viso aperto, tramite una storia vera, il dibattito sulle adozioni per le persone single, ricordando come ci siano tuttora discriminazioni sul piano normativo tra eterosessuali e gay, e come non basti essere persone integre per sperare di ottenere l’affidamento di un bambino.
Il film di Fabio Mollo risponde quindi a un’esigenza narrativa collettiva, e spiega molto chiaramente il percorso fatto da Luca Trapanese per poter prendersi cura di sua figlia Alba. Un percorso frastagliato, travagliato, pieno di ostacoli e di lotte da intraprendere “un pezzo alla volta, fino a Marte”. Un percorso che inizia in netta salita, non tanto perché si tratta di adottare una neonata con sindrome di Down, ma perché si parte da una serie di rifiuti, quelle delle cosiddette famiglie “normali” che non se la sentono di adottarla. Luca, al contrario, non vede l’ora.
Il suo passato parla per lui: doveva farsi prete, ha lasciato quella vita restando però fedele alla determinazione a prendersi cura degli altri, a partire dai più deboli, con una casa famiglia per ragazzi disabili fondata da lui. Tutto questo Mollo riesce a raccontarlo molto bene, bilanciando il piano del racconto personale e intimo del personaggio – con i suoi drammi e le lotte condivise con l’avvocata interpretata da Teresa Saponangelo – con il piano del “legal movie”, in cui si mettono in luce le varie difficoltà burocratiche e legali che il protagonista deve affrontare. Il resto è storia, la storia vera di Luca Trapanese, raccontata nel libro “Nata per te” che dà il titolo al film.
Se a Pierluigi Gigante è affidata l’interpretazione più complessa, che sembra raccogliere il testimone di Luca Marinelli in Il padre d’Italia, a convincere sono soprattutto le interpreti femminili. Da Teresa Saponangelo, con la sua carica di naturalezza ed empatia che sa trasmettere a chi la guarda, a Iaia Forte che nei panni della madre di Luca sa incantare al primo sguardo e al primo canto. Antonia Truppo è un’infermiera dolce e innamorata del suo mestiere, Barbora Bobulova è convincente nei panni di una giudice severa.
Quanto alla regia, convince l’uso alternato dei flashback per indagare il passato del protagonista, meno la scelta di uno stile a tratti troppo convenzionale, indubbiamente più adatto al grande pubblico televisivo e lontano anni luce dall’impronta autoriale “dura e pura” con cui Mollo si è fatto notare al suo film d’esordio Il sud è niente. Restano ottime l’idea e l’intenzione che sorreggono questo film, come la chiara intenzione a firmare, più che un’opera battagliera di denuncia, una storia d’amore molto tenera, quella tra un padre e sua figlia. Senza bisogno di etichettare niente e nessuno, perché l’amore basta all’amore.