SERATA EVENTO CON UN FILM MITICO DEGLI ANNI SETTANTA:
LO CHIAMAVANO TRINITÀ…
dalle ore 19.30 – FAGIOLATA presso il Cafè Pomarancio con sfilata dei migliori travestimenti western
ore 21.30 – proiezione copia restaurata della Cineteca di Bologna
Trinità, un pistolero pigro, vaga per il deserto, fa fuori due cacciatori di taglie in una locanda a cui sottrae la loro preda messicana e arriva in un paese dove suo fratello Bambino, un ladro di cavalli, si spaccia per lo sceriffo del luogo dopo aver sparato per sbaglio a quello vero. Dopo essersi appena rivisti, Trinità vede Bambino in azione che sta fronteggiando tre uomini del maggiore Harriman, un ricco allevatore che sta terrorizzando un gruppo di mormoni guidato da Tobia, che è contrario ad ogni forma di violenza, per impadronirsi del loro territorio. I due fratelli entrano così in azione per difendere la comunità di cui fanno parte due affascinanti ragazze, Sarah e Giuditta, da cui Trinità è stato colpito appena le ha viste in paese per fare provviste. A sua volta Bambino vuole impadronirsi della mandria di cavalli del maggiore e sta aspettando l’arrivo dei suoi due complici, Faina e il Timido, per raggiungere l’obiettivo.
Gli ultimi fuochi degli spaghetti-western. Lo chiamavano Trinità…, quarto film della coppia Bud Spencer e Terence Hill che E. B. Clucher (Enzo Barboni) eredita da Giuseppe Colizzi, rappresenta nel 1970 un decisivo punto di rottura per il genere.
Si esce all’improvviso dal West crepuscolare caratterizzato da protagonisti disincantati e cinici, una cruda violenza e dal ricorrente tema della vendetta. Il genere si contamina con una comicità che ha la velocità incontrollata delle gag del muto. Gli schiaffi e i cazzotti sostituiscono le pistole anche se nella scena della locanda Trinità può esibire le sue doti di pistolero, anticipando gli altri con un colpo d’occhio, un gesto improvviso che non solo vede ma percepisce quello del suo nemico.
Il ritmo può cambiare da un’inquadratura all’altra. Si passa dal silenzio dilatato della scena in cui i due fratelli si rivedono dopo molto tempo, con Trinità che passa davanti a Bambino, alla lunga sequenza dello scontro tra gli uomini del maggiore e i mormoni con i due protagonisti che fronteggiano più uomini insieme e in cui c’è lo stacco improvviso di montaggio con Trinità che dà un pugno in faccia. Sembra un balletto, una danza musical che arriva da Sette spose per sette fratelli di Donen. In più c’è dentro quel vento di libertà del western New Hollywood come Butch Cassidy, più che nei temi o nelle atmosfere, proprio nel modo di filmare la scena del bagno nel fiume.
Clucher/Barboni, che si era fatto conoscere soprattutto come direttore della fotografia soprattutto per i film di Sergio Corbucci con cui aveva collaborato anche in Django (uno dei passaggi cruciali del western all’italiana) e che con Lo chiamavano Trinità... Era al secondo film come regista dopo il trascurabile Ciakmull. L’uomo della vendetta, valorizza al meglio la coppia Bud Spencer-Terence Hill, che si scambiano i ruoli, si fanno da spalla, agiscono in coppia oppure uno guarda quando l’altro è in azione e interviene solo se c’è bisogno. Sembrano capitati lì per caso, lasciano il segno della loro presenza e poi se ne vanno.
Tra padelle di fagioli, scontri al saloon e la perfidia sottotraccia di Farley Granger in un cambio totale di immagine rispetto ai suoi ruoli con Hitchcock in Nodo alla gola e L’altro uomo e Visconti in Senso, Lo chiamavano Trinità... È ancora oggi un film divertentissimo, tra i migliori della coppia Bud Spencer-Terence Hill, che regge alla grande e dove la musica di Franco Micalizzi lascia il segno nel film come quelle di Ennio Morricone per i western di Sergio Leone.
Non ha affossato il western all’italiana. L’ha solo cambiato già all’inizio con Trinità trascinato dal cavallo nel deserto e ha inaugurato un’altra fortunata stagione nel cinema italiano. Grandissimo successo al box-office con oltre tre miliardi di lire con un sequel, …continuavano a chiamarlo Trinità, che ha incassato ancora di più ed è tra i film italiani più visti di sempre. Omaggiato da Quentin Tarantino in Django Unchained.