La giovane scimmia Passepartout, chiusa nella sua cameretta, sogna il giorno in cui potrà avventurarsi, zaino in spalla, sulle orme del suo idolo, l’esploratore Juan Frog De Leon, detentore del record del giro del mondo nel più breve tempo possibile: novanta giorni. Nel mentre, però, vive in una terra popolata di gamberetti, dove l’avventura non ha spazio alcuno, almeno fino al giorno in cui arriva, in infradito su una tavola da surf, il ranocchio Phileas Frog. Simpatico e sbruffone, inseguito dal gerbillo femmina Fix, che lo accusa di aver rubato dieci milioni di vongoloni, Frog non trova di meglio per cavarsi d’impaccio che promettere di battere lo storico record circumnavigando il globo in soli ottanta giorni. È l’occasione che Passepartout aspettava da sempre, e per la quale vale persino la pena di scappare di casa.
Samuel Tourneux, francese, classe 1973, approda al primo film con una serie di successi alle spalle nel cortometraggio d’animazione e non solo (nel 2014 l’attrazione che ha creato per il parco di divertimenti Futuroscope, a nord di Poitiers, è stata premiata come la migliore al mondo) e mostra di avere le chiare e poco timore reverenziale.
Per prima cosa interviene sulla versione già esistente della sceneggiatura (e sul classico di Jules Verne) riscrivendo il personaggio di Passepartout: non più cameriere al seguito di un lord inglese e invece giovane di buone letture e grandi sogni, ostacolato da ciò che frena la marcia verso l’autonomia della maggior parte dei ragazzi di oggi, vale a dire una mamma iperprotettiva, per la quale non è mai ancora il momento giusto per far nulla, figuriamoci il giro del mondo.
Dopodiché è la volta di una spruzzata di colori brillanti e dell’invenzione di una galleria di animali, in stile Zootropolis, che non lascia delusi: che siano gli scorpioni che solcano il deserto sui loro chopper, o la principessa ranocchia Auda, aspirante pilota di aerei nella giungla, non c’è piccolo episodio che non diverta o manchi di originalità.
Completano il quadro un paio di battute metacinematografiche ben assestate (“le scene di ballo sono un cliché!”) e una deliziosa sequenza ripresa dal vivo e inserita nel film di animazione allo stesso modo in cui spesso le sequenze animate s’infilano a sorpresa nei film in live action. Surfando sulle piume di un gabbiano, il ranocchio imparerà a far pace con un padre ingombrante e il Monciccì scoprirà se stesso, nei panni di un promettente esploratore.