NEL QUADRO DEL FESTIVAL CASTIGLIONE CINEMA
OSPITE IN ARENA IL REGISTA FEDERICO ZAMPAGLIONE
Lodovico è il frontman dei Mob, una band romana che si esibisce al Morrison, locale sul lungotevere che da trent’anni dà spazio alla musica locale “sopravvivendo a tutto”. Il ragazzo ha talento ma è profondamente insicuro e trema ogni volta che deve salire in palcoscenico. È anche innamorato di Giulia, un’attrice con cui divide l’appartamento ma che ha una storia con il suo agente (sposato). Un giorno alla sede della SIAE Lodovico garantisce per Libero Ferri, un cantautore che ha avuto il suo momento di gloria e ora vive rintanato in una villona ai margini della Città Eterna, senza riuscire a comporre nessun’altra hit: accanto a lui è rimasta solo la moglie Luna, che continua a credere nelle capacità del marito e lo spinge ad uscire dal suo isolamento. Fra Libero e Lodovico nascerà un’amicizia che avrà conseguenze per entrambi.
Morrison rivela fin dal titolo il grande amore per la musica di Federico Zampaglione, frontman e cantautore dei Tiromancino, che firma la sua quarta regia di lungometraggio e cofirma la sceneggiatura con Giacomo Gensini, adattando per il grande schermo il loro romanzo “Dove tutto è a metà”.
L’idea di raccontare il potere salvifico della musica, così come la solidarietà che si può creare fra musicisti, è poetica e stimolante, e avrebbe potuto dare luogo ad un film alla Quasi famosi, soprattutto in mano di chi conosce bene quell’ambiente e può raccontarlo “dal di dentro”.
Invece Morrison sembra rimanerne sempre al di fuori, raccontando il mondo musicale attraverso quelle convenzioni fictional che a poco a poco finiscono per smantellare l’autenticità della premessa. Per la prima mezz’ora infatti la storia parte bene, pur in una chiave giovanilistica, ma da un certo punto in poi si perde narrativamente, complice una regia impacciata che, come Lodovico, sembra non riuscire mai ad agguantare il ruolo di frontman cinematografico, per restare timidamente ai margini di una vera originalità di linguaggio filmico.
Non aiutano nemmeno alcuni discorsi ben intenzionati ma che finiscono per scivolare nella retorica, e molti dialoghi in cui c’è sempre qualcosa di troppo, come se non ci si riuscisse a fermare al beat finale: e questo, per un musicista che sa quando “chiudere” e come creare riff memorabili, è un peccato.
Peccato anche che vengano penalizzati i talenti recitativi di attori altrimenti eccellenti come Giovanni Calcagno e Giglia Marra: si salvano per innata spontaneità Carlotta Antonelli, già vista in Bangla, Valentino Campitelli e l’esordiente Daniele Rienzo nel ruolo di Zed. Ci sono anche due cammei musicali, Alessandra Amoroso nei panni di se stessa ed Ermal Meta che interpreta (con molta ironia) un personaggio in totale contraddizione con la sua immagine pubblica, e molti sono i riferimenti visivi alle band che Zampaglione evidentemente ama, dai Doors del titolo ai Rolling Stones, dai Bluvertigo ai… Tiromancino