Non bastano un’idea o una persona sola per rispolverare un genere che pareva finito nel baule dei ricordi e farne uno dei franchise di maggior successo di sempre. Ci vuole una squadra, anzi, la squadra perfetta.
A mettere insieme la ciurma che ha portato, almeno fino ad ora, tre film della saga tra i 50 titoli di maggior incasso della storia del cinema, è stato Jerry Bruckheimer, produttore americano, classe 1943, già responsabile di una serie di grandi successi hollywoodiani in team con lo scomparso Don Simpson, durante gli anni Ottanta e Novanta. Inizialmente, però, Bruckheimer non era interessato a produrre un classico film di pirati che prendesse le mosse dell’attrazione del parco Disney, e stava quasi per cedere il progetto. È riuscito invece a far voltare una pagina storica alla Disney, ottenendo per la prima volta che un film per famiglie potesse permettersi di non edulcorare le scene e venisse perciò etichettato per una visione sotto i 13 anni “accompagnata” (PG-13).
A quel punto, ha iniziato a costruire la squadra, dal primo mattone, quello della sceneggiatura, per redigere la quale ha voluto i creatori di Shrek e della Maschera di Zorro, Ted Elliott e Terry Rossio: un duo rimasto intatto fino al quinto capitolo, che accredita invece alla scrittura Rossio e Jeff Nathanson. Anche in sede di regia, dopo i tre capitoli firmati Gore Verbinski, che hanno dato l’imprinting alla serie, Rob Marshall, che ha diretto Oltre i confini del mare, cede ora il posto ai norvegesi Joachim Ronning e Espen Sandberg.
Ma è con il cast che Pirati dei Caraibi sfodera le carte vincenti, instaurando un circolo virtuoso per cui attore e personaggio si rafforzano l’uno con l’altro. Se Keira Knightley ha diversificato la sua carriera facendo della bella e coraggiosa Elizabeth Swann della saga, figlia del governatore di Port Royal, un ruolo tra gli altri, il discorso è differente per Orlando Bloom, per il quale il personaggio del fabbro Will Turner si è rivelato fondamentale per la fortuna e la riconoscibilità dell’attore, secondo, forse e soltanto, all’elfo Legolas che ha intepretato per la trilogia dell’anello di Peter Jackson. Assente nel quarto episodio, Oltre i confini del mare, del 2011, Will/Bloom torna da co-protagonista nel quinto titolo, La vendetta di Salazar, insieme con il figlio Henry, ritrovato, anzi incontrato per la prima volta all’età di dieci anni, dopo essere andato in compagnia di Sparrow, Ai confini del mondo.
Tuttavia è proprio Jack Sparrow, nato come spalla di Will Turner, ad essere diventato una vera e propria icona a sé stante, l’emblema della saga stessa, oltre che l’ispiratore e il protagonista di una intera serie di libri per ragazzi a lui dedicata. Rileggendo le leggende settecentesche dei pirati come le storie di eroi talmente amati e ammirati da poter essere visti come le rock star di quel tempo, l’attore Johnny Depp ha preso a modello la più istrionica e piratesca delle rock star contemporanee, la pietra rotolante Keith Richards, e ha lavorato sul tema. Il suo capitano stralunato, un po’ alcolizzato e molto fantasioso di suo, col pizzetto diviso in due e i denti d’oro, ha rappresentato un vero e proprio atto di fede da parte della Disney, disabituata a proposte tanto ardite, ma ha ripagato la casa madre ben oltre l’immaginabile. Da parte sua, Depp non si è mai dimostrato insofferente rispetto al personaggio: al contrario, ha spesso giocato ad interpretarlo nella vita, confondendo le acque per potersi muovere libero e un po’ brigante, non solo sul set ma anche fuori.